Principesse con gli stivali

Da piccoli ci insegnano che bisogna credere a tutta una serie infinita di "invisibilità": il principe azzurro, Gesù, Babbo Natale, la Befana, la Fatina dei denti, l'Angelo custode, il vero amore.
Da grandi impariamo, a nostre spese, ad aggrapparci con forza a tutto ciò che è concreto, vivo e palpabile, delusi come siamo dal silenzio di quelle entità che, a prescindere dalla loro esistenza, non sono riuscite a soddisfare completamente il nostro bisogno di "realtà" percepibile attraverso i cinque sensi.

Cresciamo con il fondato timore che non siamo in grado di salvarci da soli e che, nei momenti di forte bisogno, solo un deus ex machina, soprannaturale o meno, sia in grado di ribaltare le sorti della tragedia che stiamo vivendo e della quale, spesso, siamo gli unici protagonisti sulla scena.

Cenerentola, Biancaneve, Aurora (alias "la bella addormentata") e tante altre principesse delle favole che noi tutti conosciamo, non hanno fatto altro che dormire nell'attesa che qualcuno, munito possibilmente di leggins cerulei atti ad esaltare forme e virili virtù, le salvasse dalla prigione emotiva ed intellettuale in cui, spesso a causa della loro patologica bontà d'animo, erano irrimediabilmente intrappolate. Nessuna di queste sempliciotte ha mai pensato, in un momento di lucidità, tra una canzoncina e l’altra, di non accettare mele dagli sconosciuti o di scappare in cerca di fortuna piuttosto che lustrare, da cima a fondo, per anni, i castelli infestati dai topi delle proprie matrigne.

E così siamo noi: spostiamo l'asticella della speranza troppo in là, entrando in una zona grigia in cui le semplici aspettative si mischiano all'illusione che siamo solo delle vittime incapaci di brandire una spada ed affrontare draghi, streghe e rovi maledetti utilizzando solo la nostra forza bruta o il nostro ingegno. Tendiamo insomma a preferire il coma onirico al campo di battaglia; tendiamo a lagnarci di quanto siamo stati sfortunati, disgraziati e sventurati piuttosto che querelare le sorellastre per riduzione in schiavitù e maltrattamenti in famiglia; tendiamo banalmente a sperare che tutto, come per magia, cambi, piuttosto che operare quei piccoli miracoli quotidiani che siamo in grado di realizzare, anche senza creta e acqua.

Bisognerebbe ricordarsi insomma di riportare quell'asticella sullo zero, a metà tra la gelida razionalità e la calda utopia.

Noi esseri umani non siamo egli estremofili, non siamo in grado di sopravvivere in condizioni ambientali proibitive: fin da piccoli dovremmo insegnare ai nostri figli che non sempre le soluzioni ai problemi della vita dipendono dalla volontà altrui ma che anzi, nella maggior parte dei casi, sotto strati di candido tulle e soffice taffetà, è bene tenere ai piedi un paio di stivali antinfortunistici perché non potremo mai sapere, in largo anticipo, quando ci sarà bisogno di iniziare a correre verso un futuro in cui non potremo più permetterci il lusso di sonnecchiare mentre qualcuno fa il lavoro sporco.


Lasciamoci quindi consigliare da Lara Croft quali scarpe indossare ed iniziamo a vedere Cenerentola per quello che è in realtà: una fashion victim di periferia dai gusti alquanto discutibili.

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