Scusa ma non ti (ri)chiamo affatto
Vogliamo parlarne? Diciamolo.
"Non ti sei fatto sentire" is the new black. Ormai è sulla bocca di tutti: grandi, piccini, ominicchi e omuncoli, nessuno resiste al fascino della lamentela del momento.
Io mi chiedo solo una cosa: ma non vi secca? Sinceramente parlando, non vi provoca noia recitare, ogni anno, la stessa, banale, futile, non richiesta, scialba e dozzinale requisitoria? Magari pretendo troppo, ma utilizzare dei modi garbati nel proporre un caffè non credo sia poi così assurdo.
Siamo tutti così "sociali" e così interconnessi che le distanze, spesso, sono solo fisiche. E allora perché usare quel tono sorpreso e sconvolto se non si è trovato il tempo di scrivere per primi?
Questi sono gli interrogativi che opprimono, oggi, il mio animo colmo di ciccia e ramanzine.
Probabilmente la risposta è semplice: sono io ad essere troppo permaloso. Al rimprovero rispondo il più delle volte con il silenzio e con l'indifferenza, suscitando ancora di più le ire di coloro che in teoria sono amici, ma che da lì a poco si trasformano in nemici.
Non mi attacco al particolare, solo credo che le "vacanze" siano già complesse da vivere senza che aleggino nell'aria queste paternali prive di significato. Dal 23 dicembre fino al 6 gennaio un po' tutti sopravviviamo in una "modalità provvisoria" che consente di effettuare azioni semplici quali il mangiare, il dormire e il fare sesso. Non c'è né il tempo né la voglia di indagare sulle turbe psichiche di certe menti contorte e moleste.
È facile insomma puntare il dito e criticare il prossimo: la trave nel proprio occhio probabilmente non crea alcun fastidio a chi è abituato a portarla con nonchalance.
Forse, e ribadisco il forse, anche io, scrivendo tutto ciò, non sto facendo altro che lamentarmi di coloro che si lamentano, ma chissà che io e i miei "nemici", criticandoci a vicenda, non arriveremo a raggiungere quella delicata via di mezzo, madre di ogni virtù.
A presto blog, a risentirci miei lettori.
"Non ti sei fatto sentire" is the new black. Ormai è sulla bocca di tutti: grandi, piccini, ominicchi e omuncoli, nessuno resiste al fascino della lamentela del momento.
Io mi chiedo solo una cosa: ma non vi secca? Sinceramente parlando, non vi provoca noia recitare, ogni anno, la stessa, banale, futile, non richiesta, scialba e dozzinale requisitoria? Magari pretendo troppo, ma utilizzare dei modi garbati nel proporre un caffè non credo sia poi così assurdo.
Siamo tutti così "sociali" e così interconnessi che le distanze, spesso, sono solo fisiche. E allora perché usare quel tono sorpreso e sconvolto se non si è trovato il tempo di scrivere per primi?
Questi sono gli interrogativi che opprimono, oggi, il mio animo colmo di ciccia e ramanzine.
Probabilmente la risposta è semplice: sono io ad essere troppo permaloso. Al rimprovero rispondo il più delle volte con il silenzio e con l'indifferenza, suscitando ancora di più le ire di coloro che in teoria sono amici, ma che da lì a poco si trasformano in nemici.
Non mi attacco al particolare, solo credo che le "vacanze" siano già complesse da vivere senza che aleggino nell'aria queste paternali prive di significato. Dal 23 dicembre fino al 6 gennaio un po' tutti sopravviviamo in una "modalità provvisoria" che consente di effettuare azioni semplici quali il mangiare, il dormire e il fare sesso. Non c'è né il tempo né la voglia di indagare sulle turbe psichiche di certe menti contorte e moleste.
È facile insomma puntare il dito e criticare il prossimo: la trave nel proprio occhio probabilmente non crea alcun fastidio a chi è abituato a portarla con nonchalance.
Forse, e ribadisco il forse, anche io, scrivendo tutto ciò, non sto facendo altro che lamentarmi di coloro che si lamentano, ma chissà che io e i miei "nemici", criticandoci a vicenda, non arriveremo a raggiungere quella delicata via di mezzo, madre di ogni virtù.
A presto blog, a risentirci miei lettori.
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