Alice in technoland

A circa un anno dall'esplosione della pandemia da Covid-19, quello che ormai avverto come normale e ordinario è un costante senso di vuoto e di silenzio: mi sento un po' come Sandra Bullock in "Gravity", ma senza tuta spaziale, senza sojuz...e, soprattutto, senza spazio. 

Mi sveglio, mi lavo, faccio colazione, mi metto a lavorare al pc, pranzo, riposino, mi metto a lavorare al pc, ceno, mi metto a letto e via da capo, attimo dopo attimo, mossa dopo mossa, settimana dopo settimana, in un loop noioso e inevitabile che odora di girone infernale. 

Eppure anche una routine così liquida è, in fondo, nient'altro che una gran fortuna visto che, ogni giorno, c'è chi non ce la fa, chi si lascia sopraffare, chi molla la presa, chi perde, chi ci abbondona e chi viene abbandonato. 

In questa quotidianità popolata da numeri, statistiche, governi traballanti e regioni psichedeliche, l'unica costante è rappresentata dai social network: WhatsApp, Telegram, Instagram e Twitter sono diventati, ormai, le uniche valvole di sfogo che mi permettono di evadere da me stesso e di accarezzare altre realtà. 

Il mio rapporto con il telefono è diventato simbiotico e, a tratti, patologico. Vivo costantemente appiccicato allo schermo, sperando che arrivi una notifica capace di bloccare il tempo e di trasportarmi, almeno con la mente, altrove, lontano da questo limbo in bianco e nero in cui siamo tutti bloccati, lontano persino da me stesso. 

Attraverso lo smartphone faccio aperitivi con gli amici, leggo il giornale (non quello con la "g" maiuscola ovviamente), faccio visita ai parenti, partecipo a riunioni di lavoro, mi esibisco facendo del becero avanspettacolo, faccio sesso (o almeno, ci provo, con scarsi risultati), faccio shopping, invio lettere, ricevo messaggi, faccio la spesa; insomma, vivo assieme a questo arnese che da semplice prolungamento del mio corpo sta, lentamente, trasformandosi in un vero e proprio "lui" verso il quale provare affetto. 

Ogni azione è ormai innaturale, precotta, artificiosamente costruita, pezzo dopo pezzo, così da sembrare qualcosa di diverso dal burattino di legno che è in realtà. Eppure, ora come ora, è tutto quel che ho, e non è poco. 

Gli amori e i legami di sempre non hanno certamente smesso di pompare linfa nel mio cuore rinsecchito, eppure queste barriere, così sacre, così necessarie e così doverose, mi stanno impedendo di esprimermi come facevo un tempo e come vorrei fare ancora. Certi gesti mi mancano davvero come l'aria a Sandra Bullock in "Gravity". 

Non so quando potrò tornare ad abitare in pianta stabile sulla Terra, ma fino ad allora non potrò fare altro che continuare a guardare questo pianeta blu attraverso uno schermo luminoso dal quale, spero, sarò in grado di prendere le dovute distanze una volta che sarà tutto finito. 

Non voglio perdermi in questo labirinto di byte, vorrei solo riuscire a ritrovare la strada di casa because "it's late, it's late, thre's no time, no time".

Immagine creata con AI


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