Ammortizzatori insociali


Circa un anno fa mi trovavo a parlare di un vulcano sottomarino che albergava nel mio corpo e di una cittadella fortificata che svettava, fiera, sopra al mio capo. Dopo quel momento, su questo blog, il nulla, la morte di ogni subordinata, un silenzio degno del gelido habitat spaziale. Tacere, però, quando non si è davvero certi di quel che si prova o di quel si pensa, è sempre una saggia soluzione, e questo perché si rischia, altrimenti, di lasciarsi guidare da cattive consigliere quali l’ira, la sofferenza o, peggio ancora, la cum-passione.

I più attenti avranno notato che, tra ottobre e giugno, ho avuto la fortuna e l’onore di collaborare con la redazione di "NEG Zone", un sito a tematica Lgbt+ che offre, ogni giorno, interessanti notizie e utili spunti di riflessione su vari argomenti, svolgendo un importante servizio, assieme, di informazione e di educazione per lettori di tutte le età, di tutti i generi e di tutti i colori. Di recente, a causa di un aumento esponenziale dei miei impegni di lavoro, ho dovuto sospendere questa forma di cooperazione, ma in futuro, chissà…forse, le nostre strade torneranno ad incrociarsi! Fino ad allora mi permetto di suggerirvi, tuttavia, di seguire il loro sito (clicca qui) e la loro pagina Instagram (clicca qui).

Anyway…che si trattasse di un breve articolo, di un post o di una story su Instagram, a dirla tutta, non ho mai smesso di riflettere e di analizzare questo nostro complicatissimo mondo, cercando al contempo di studiare me e quei cambiamenti che, forse controvoglia, stavo vivendo: sia emotivamente, sia sentimentalmente, infatti, ho assistito e continuo ad assistere (con prepotente noncuranza) ad un progressivo indurimento del muscolo cardiaco: quel che sento, quel che percepisco e quel che sfioro con i miei sensi giunge, tutt'oggi, alle mie sinapsi, con inusitata e fastidiosa lentezza, senza schianti e senza frenate, senza rumore.

Alcune voci benevole hanno intravisto in questo nuovo modello cognitivo una forma di super-potere, come se io fossi diventato una specie X-Men, ma senza artigli, senza addominali e senza tutine che strizzano il pacco; altri occhi a me cari, invece, hanno mostrato una certa dose di preoccupazione per questo mio “ammortizzatore dell’anima” che si è auto-installato come un insidioso malware e che, ormai, non riesco più a cacciar via.

Sta di fatto che, ad eccezione di qualche piccola parentesi in cui, per qualche istante, mi è sembrato di sentirmi di nuovo “normale”, la mia esistenza pare essersi trasformata in un calmo fiumiciattolo, dotato di robusti argini, che attraversa, quietamente, una grande pianura: nessuna insidia, nessuna brusca deviazione, solo acqua dolce e pulita, giunta a valle con il semplice ricordo, peraltro sbiadito, delle tempeste e delle battaglie dei vecchi tempi.

Dovrei preoccuparmi o dovrei gioire? That is the question. Potrei pensare di gongolare per questa specie di armatura di mithril che qualche abile fata madrina mi ha cucito addosso; oppure potrei correre ai ripari ed impormi di provare qualcosa, qualunque cosa che non sia la solita atarassia…ma come si fa? Come si obbliga un cieco a vedere ed un sordo a sentire senza alcuna operazione chirurgica?

Io non credo di voler essere aiutato a guarire: quel di cui ho bisogno, ora, è di qualche buon consiglio su come arredare la casa, di uno sporadico (e nemmeno poi tanto) gin tonic ben bilanciato e di essere abbracciato da un gran numero di parole pronunciate da amici e da semplici conoscenti.

Io voglio solo continuare scorrere lentamente e andare avanti, così da superare quella valle e scoprire se, prima del definitivo tuffo in mare, quel fiume conoscerà impetuose cascate e rocamboleschi salti oppure se, magari, avrà semplicemente (si fa per dire) di nuovo il coraggio di lasciarsi contaminare da detriti e sostanze che non siano solo bianchi, grigi o neri.

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