La sindrome di Jennifer Aniston

“Mi ha lasciato”. Inizia tutto con questa frase: tre parole che segnano l’esatto, netto e obeso discrimen tra quello che eri e quello, volente o nolente, dall’indomani sarai.

A tutti (o quasi) è capitato di essere mollati e no, non è una cosa carina essere buttati giù dalla torre per far spazio a nuovi e ben più degni amanti. Nei momenti più bui e negli attimi di sconforto dovremmo, però, fermarci e riflettere per ricordarci una sacrosanta verità: se ce l’ha fatta Jennifer Aniston a riprendersi dal divorzio con Brad Pitt possiamo farcela anche noi.

Certo…lì per lì, a caldo, non l’ha presa proprio bene, ma oggi, strafiga come nemmeno quando aveva vent’anni di meno, ha sconfitto ogni rancore ed ogni malumore, trasformandosi nella donna radiosa, serena e di successo che tutti conosciamo.

Come ha fatto? Semplice: ha superato vittoriosamente ognuna della cinque fasi della sindrome che porta, non a caso, il suo nome. Non ne avete mai sentito parlare? Temo sia normale, l’ho appena inventata io…ma sarò buono, vi dirò di cosa si tratta.

Viene definita “Sindrome di Jennifer Aniston” quel complesso caratteristico di sintomi che compaiono in un individuo allorquando lo stesso venga mollato dal bonazzo o dalla bonazza di turno, facendolo così sprofondare in un vortice di disperazione e afflizione tali da trasformarlo nella versione umana e per niente simpatica di un buco nero.

Sono cinque la fasi in cui si articola questa malattia dell’anima:

1. “Excuseme?” (scritto tutto attaccato)”. Nel primo dei cinque stadi in cui si evolve la patologia il soggetto non fa altro che chiedersi ripetutamente, con una certa dose di incredulità, cosa sia successo nella mente del proprio ex-partner. Insomma, sarà l’alito? Saranno quei chili di troppo? Sarà mica colpa dei calzini regalati a Natale? Di solito le risposte a tali quesiti vengono ricercate in fondo ad un pacco di biscotti da 800 grammi.

2. “Caccia alla sgualdrina”. Il soggetto, una volta consumata una quantità di carboidrati sufficienti a sfamare l’intera Africa subsahariana per un mese, veste i panni dell’investigatore, cercando ossessivamente, su ogni social, tracce, anche passate, del vero responsabile della rottura: il/la procace e giovane ragazzo/a facile che ha circuito il nobile e puro cuore del nostro partner. Spesso non c’è nessuno, ma chi può assicurarci che tra i like alla foto profilo del 2006 non si nasconda una Circe ammaliatrice ghiotta di salumi…e non solo?  

3. “Moriremo tutti”. Nella terza fase la patologia è all’acme della sua intensità. Il pessimismo cosmico dell’infermo farebbe impallidire quello del Leopardi; i carboidrati hanno ceduto il passo agli alcolici e, nei casi più gravi, ad un insano appetito sessuale nei confronti di ogni essere umano fornito di due gambe, due braccia ad un sistema respiratorio anche solo parzialmente funzionante: le malattie veneree, la cirrosi epatica e l’insufficienza renale si organizzano per capire chi colpirà per primo e chi, invece, dovrà dare il colpo finale.

4. “Ormai l’ho superata”. Nella quarta fase il soggetto, ormai provato da traumi emotivi che nemmeno Sigismund Freud saprebbe gestire, entra in uno stato di sospensione, in una dimensione parallela di apatia e di atarassia: nulla sembra poterlo turbare o scalfire; i sorrisi e l’espressione di apparente beatitudine che ha dipinti in viso fungono da alibi a tale convinzione…ma attenti, si tratta di un inganno! Basta un qualunque input per scatenare spaventosi attacchi d’ira contro cose o persone tali da far sembrare Lucifero una giovane marmotta. Un consiglio: mai contraddire chi vi dice “ormai l’ho superata”, potreste non tornare a casa tutti interi.

5. “Sorry I’m a Diva”: Non tutti arrivano alla quinta fase, molti infatti restano fossilizzati nel passato, nel ricordo, immersi fra dubbi, dolore, ansia e rabbia. I più abili e intelligenti però, dopo tanta fatica e con l’aiuto di qualche spalla robusta, riescono a risorgere da quelle ceneri ancora più belli e più forti di prima, proprio come ha fatto la cara Jennifer Aniston…perché in fondo, sia lei, che noi, sappiamo che ogni vita è meravigliosamente tale a prescindere da coloro che ci hanno lasciato la mano durante il percorso e che, con un po’ di ironia, con i buoni consigli degli amici e con un buon parrucchiere, ogni tragedia “devèn, tremando, muta”.

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