I piselli di Mendel


Avete mai sentito parlare di Gregor Mendel? Spero di sì…ma nel dubbio ve lo presento: si tratta di un monaco tedesco del XIX secolo che da tutti è considerato il precursore della moderna genetica, cioè di quella branca della biologia che studia i geni negli organismi viventi.

Padre Gregor (sì, era un prete), avendo tanto tempo a disposizione, decise, tra una preghiera e l’altra, di compiere esperimenti sulle piante di piselli, al fine di svelare il funzionamento dei meccanismi di ereditarietà: quest’uomo ha dedicato insomma gran parte della propria esistenza alla classificazione di questi vegetali, cosa che gli ha poi permesso di elaborare le famose “Leggi dell'ereditarietà di Mendel.”

Classificazione, che bella parola. Il solo pronunciarla regala un intimo sentimento di ordine e di pace.

Noi classifichiamo tutti i giorni: inseriamo pensieri, parole, opere e omissioni all’interno di contenitori logici, in dei tupperware ermetici, così da decifrarne meglio il significato, così da semplificare, così da accedere, in modo immediato, al nucleo atomico di quel determinato evento.

Un tempo c’erano ben poche “scatole” a disposizione: il mondo era decisamente molto più lineare e molto meno colorato e disordinato di adesso. La modernità, quella globalizzata che stiamo vivendo oggi, ha portato con sé una miriade di nuovi profumi e nuovi gusti; ha incasinato e complicato la realtà, mischiando assieme abitudini e istituti provenienti da ogni angolo del pianeta.

Questa ondata di novità ha lambito e raggiunto anche i rapporti di coppia: oggigiorno, ad esempio, non ci si fidanza più, no, ci si frequenta.

Questa nuova categoria inerente le relazioni sentimentali, la quale precedere il fidanzamento, il quale precede a sua volta la convivenza, la quale, ovviamente, precede il matrimonio, è una “fase cuscinetto”, un limbo dai connotati grigiastri, all’interno del quale le regole del gioco sono stabilite, di giorno in giorno, dai fortunati avventori dell’amore: i “frequentati” infatti, in piena sintonia con questo participio presente che descrive la loro condizione, si studiano, si toccano, si baciano, condividono gli stessi spazi “in presenza”, un po’ come a scuola insomma. Lo scopo è quello di accumulare un tot di minuti assieme che possa risultare sufficiente per raggiungere un monte ore che faccia scattare la tanto agognata assunzione a tempo indeterminato (con ovvia inapplicabilità dell’articolo 18 in caso di licenziamento).  

Si tratta di una inutile duplicazione del concetto di fidanzamento, la cui utilità pratica è solo quella di inzuppare il biscotto in quante più tazze di tè possibili? Oppure è, al contrario, una innovativa soluzione atta a difendersi da cocenti delusioni che potrebbero spezzare il nostro fragile cuoricino?

Ovviamente non credo esista una risposta giusta, così come non credo che qualcuno possa permettersi di ergersi a giudice supremo delle consuetudini relazionali altrui: siamo tutti diversi, e guai se così non fosse. L’importante è non prendersi in giro e concertare, assieme, leggi e sanzioni, regole e divieti, precetti e penalità.

L’unico dato certo è che, a lungo andare, si ha sempre più paura di impegnarsi, forse per il timore di sottrarre spazio al proprio egocentrismo: avere accanto un marito, un convivente, un fidanzato o un frequentate significa saper mettere da parte una porzione del proprio “io” al fine di accogliere, nella propria singolarità, l’unicità di qualcun altro. Vuol dire cercare di superare assieme avversità e tempeste. Indica la volontà di costruire, assieme, un presente più ricco, in cui due unità si avvicinano per creare un duo (o un trio, o un quartetto, poco importa) solido e forte.

Siamo un po’ tutti come Mendel: dei genetisti che creano nuove categorie, nuovi gruppi e nuove classi, solo che, a differenza sua, abbiamo così tanta fretta di mangiare quanti più “legumi” possibile che spesso la fame di novità confonde i sapori, rendendoli tutti tremendamente, noiosamente ed irrimediabilmente…simili.

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