Lettera ad una tempesta impazzita

Caro Amico che non conosco,
so già che troverai assurdo, surreale e forse anche un po' inquietante ricevere questa lettera pubblica, eppure eccomi qui, pronto a correre il rischio di dedicarti qualche minuto del mio tempo, così da nobilitarlo, addolcirlo e placcarlo con l'oro zecchino fuoriuscito, con vigore emorragico, dai capillari interrotti della nostra coscienza. 

Di te so solo quel che ti sei lasciato sfuggire. Di me sai solo quel che non ti ho voluto tacere. Conosciamo l'uno il dolore dell'altro, condividiamo il ricordo di un passato iper-espanso, senza gambe e senza collo, ormai sospeso a mezz'aria come una bufera monsonica pronta a lasciar precipitare ira e incertezza su lidi inesperti che, con immatura faciloneria, sono convinti di poterla domare e ammansire, affascinati come sono da quella gamma di grigi che trasuda eroismo, eretismo ed erotismo. 

Ma le nuvole non si lasciano addomesticare, nemmeno dalla Terra.

Tu nel tuo emisfero ed io nel mio, accomunati solo da un comune vagare nel cielo infinito e dalla voglia, forte, razionale e umanissima, di tenere assieme ogni nembo ed ogni goccia. Due tempeste impazzite che si rifiutano di tener conto di ciò che le leggi dell'Universo impongono loro di fare. Due potenti padroni del tuono, ridotti quasi al silenzio, che si limitano a sussurrare vecchie storie ricche di colori, di sfumature, di luce e di innocente serenità. 

Una diversità faticosa e fastidiosa la nostra, soprattutto per chi di lampi, grandine, vento ed acquazzoni sembra intendersene più di noi. 

Caro Amico che non conosco, non so se mai ti conoscerò e ti abbraccerò, né se mai ti scriverò ancora, ma quel che è certo è che tanto la nostra bizzarria, quanto la nostra ritrosia, ci hanno uniti, anche se per un solo attimo, permettendo ad un paradosso linguistico di diventare una divertente e metafisica, realtà. 

Non ti chiedo di ricordarti di me, di consolarmi ancora o anche solo di lasciarti ammirare, ma quel che spero è che saprai trarre forza, sorrisi e gioia dalla consapevolezza di non essere l'unica tempesta impazzita che solca l'aere in cerca di quiete e pace. Ricorda che sei tu l'unico padrone del tuo spazio e del tuo tempo e che nessuno ha il diritto di rubarti anche una sola goccia del tuo mare personale, soprattutto se a farlo è chi declina la tua complessità sulla ripida e dissestata scala della propria banalità. 



Con affetto e pudore
tuo, per oggi, Giovanni

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