L'empatia vien mangiando

Invidia, ma solo un pizzico: ecco cosa provo nei confronti di coloro che non sanno cosa voglia dire "empatia". 
Ascoltare un problema raccontato da un amico o sentire in TV una sconcertante notizia di cronaca nera spesso fa entrare in una sorta di "trace": in uno stato di angoscia, quasi diretta, che obbliga le sinapsi ad elaborare quel trauma così da risolverlo o, perlomeno, superarlo in qualche modo.
Così ovviamente non è per tutti, ed è da questa differenza che scaturisce rabbia e livore nei confronti di coloro che non colgono la sofferenza del prossimo.
Spesso, sentendoci al sicuro, riparati in quelle cittadelle fortificate  che sono i social-network, ci reputiamo liberi di fare ironia e sarcasmo sul dolore altrui, dimenticando (o volendo dimenticare) che le nostre parole e le nostre risate potrebbero aggiungere altra afflizione al tormento provato dalle vittime "reali" della vicenda.
Avere un parere che possa essere liberamente espresso è un diritto per molti esseri umani, un diritto che avvertiamo come una statuizione ovvia, banale e persino scontata, ma per il quale molte persone nei corso dei secoli hanno perso la vita.
Avere un'opinione non significa però ironizzare, sminuire e ridicolizzare un fatto. 
Ho letto di persone che hanno fatto seguire troppi "ma" ed inutili "però" al (finto) dispiacere per l'attentato di Parigi dei giorni scorsi; ho visto gente indignarsi perché Greta e Vanessa sono tornate in Italia con un colore di capelli differente o con una forma fisica non degna di Miss Italia; mi sono stupito nel continuare a notare come ogni accadimento funga da ottima base logica per costruire ragionamenti  che definirei "di categoria", per i quali tutti i musulmani altro non sono che terroristi, tutti gli omosessuali sono dei pervertiti esibizionisti, e tutti gli immigrati pericolosi delinquenti. 
La causa di tutto ciò è pura e semplice mancanza di empatia, di compenetrazione, ma anche mancanza di volontà nello sforzarsi di capire e di indossare i più o meno laceri panni altrui. 
Di fronte ad un sistema che non fa che propinarci show televisivi in cui i politici si attaccano ferocemente più che per le loro idee, per la semplice voglia di fare spettacolo, e che alterna tali siparietti a programmi interamente costruiti su ragazzi e ragazze che oltre ad una bella voce hanno poco o nulla in testa, come si potrebbe imparare a capire meglio ciò che  ci circonda? 
Probabilmente tutto sarebbe più semplice se ci concentrassimo un po' di più sulle varie sfaccettature che circondano una notizia: dai fatti, alle persone, fino ad arrivare ad una legittima e libera opinione.
Accettare di soffrire un po' di più è una tassa che, a mio avviso, si deve pagare con gioia perché tutto quel materiale conoscitivo fatto di emozioni, sensazioni, paure e angosce, forgia e forma degli esseri che mai, dalla culla alla tomba, dovrebbero smettere di cercare di capire con curiosità questo nostro affascinante, interessante e complicatissimo mondo. 
Ma le tasse si sa, non tutti le pagano, e fortunatamente in questo caso nessuna cartella esattoriale può obbligarci ad essere chi non si vuole proprio essere. 
Il mondo, in ogni caso, è bello perché è vario, probabilmente è questa la lezione più grande che l'empatia ha da regalare a chi ha la pazienza di ascoltare.


A presto blog, a risentirci miei lettori.

Commenti

  1. Io, personalmente, sono fiero di pagare questa tassa....è la base della convivenza umana; siamo esseri sociali e l'empatia è il fondamento della socializzazione....certo non bisogna esagerare onde evitere di rimanere intrappolati nelle emozioni (come spesso faccio io) :-)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai perfettamente ragione: ho già fatto mio da molto tempo il motto "in medio stat virtus"...si adatta bene in ogni circostanza.
      Empatia sì, ma solo q.b.
      Grazie per il tuo commento.

      Elimina
  2. Come suggerisce l'immagine, perché esista dell'empatia bisogna ricorrere al pensiero ed alla logica e credo che mostrare la propria capacità di ironizzare in certi contesti non sia la sintesi perfetta di cui si necessita. Non c'è nulla per cui invidiare un comportamento del genere e coerentemente parlavi di una tassa. Suppongo, anzi so, che la tua sensibilità è più accentuata che in altri singoli e forse (a volte) ti aspetti che venga calibrata in relazione alla tua. Fortunatamente hai la voglia di indignarti e questo dimostra la tua diversità, ma ogni tanto è necessario far cadere nell'indifferenza certe osservazioni che altrimenti rischiano di centrare il bersaglio: avere una risposta. Se nessuno desse motivo di dar sfogo a certe battute, prima o poi cesserebbero d'esser fatte!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'indifferenza è uno strumento che utilizzo spesso, come sempre però non bisogna abusarne. Il "vivi e lascia vivere" porta ad una patologica condizione di indifferenza che "disumanizza" l'uomo e lo avvicina più al regno piante.
      La mia diversità sicuramente non mi rende migliore o peggiore di nessuno, ma mi fa vivere decisamente meglio.
      Grazie per il tuo commento.

      Elimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Resta quello che non c'è

Consumisticamente

Apprendo