Il sabato di Godot

Se io, autore di un blog poco seguito, ricevo, nello stesso giorno, ben due inviti a scrivere un nuovo articolo, le cose sono due: o qualcuno mi sta organizzando uno scherzone poco divertente, oppure davvero alcuni di voi si interessano delle mie farraginose elucubrazioni mentali (cosa che ai miei occhi vi fa apparire come dei folli squilibrati). 
Scherzi a parte...da giorni sento il bisogno di scrivere per aggiornavi sui miei stati d'animo, e credo che, anche grazie all'incoraggiamento ricevuto da Mauro e da Daniele, oggi non possa proprio esimermi dal farlo.
Purtroppo l'anatema leopardiano contenuto ne "Il sabato del villaggio" si è scagliato, con non poco ritardo, sulla mia estate: finiti gli esami, pervaso da un insensato ottimismo, pensavo che avrei avuto di fronte solo giornate passate all'insegna della spensieratezza, del mare, delle risate e perché no, anche del sesso. Così in fin dei conti è stato, ma solo in una misura molto, troppo ridotta. 
Le aspettative erano diventate montagne così alte da riuscire ad offuscare la luce prodotta dalla realtà dei fatti: impegni, malanni, battibecchi e incomprensioni hanno trasformato queste settimane in un tedioso succedersi di albe e tramonti cadenzate da brevi attimi di piacere.
Con un umore il cui range di colori si è spostato dal grigio fumo di londra al tortora ho avuto più volte occasione per riflettere su cosa sia e quanto pericolosa possa essere la noia. 
Per tutti coloro che, come me, tendono ad essere dei gran perfezionisti (rectius "rompiballe"), la paura di restare delusi è sempre dietro l'angolo: la frustrazione, non di rado, accende pesanti ipoteche sui nostri capi troppo spesso rivolti al cielo. Ciò che però ho compreso è che anche la noia è, in un certo qual senso, una forma di ricchezza, oltre che un campanello di allarme. 
È, sicuramente, una forma di benessere, in quanto se abbiamo del tempo da dedicare al rimestamento continuo di quel crogiolo composto da insoddisfazione e lagnanze varie, è altrettanto ovvio che abbiamo la fortuna di non vivere momenti di vero allarme, sociale o individuale, quali malattie o guerre.
Ma soprattutto altro non è che un presagio di sventura, un sintomo di una patologia in arrivo, il segnale urlato dalla nostra mente che ci implora di dedicare il nostro prezioso ed esiguo tempo a qualcosa di costruttivo ed edificante per il nostro spirito.
E quindi eccomi qui, davanti uno schermo, finalmente con un'occupazione che non mi abbia fatto pensare a quanto "ingiuste" siano state le mie vacanze, ma piuttosto a quanto, magari a causa di un "fortunato incidente", le mie parole potranno (la speranza è questa) risollevare l'umore di  una persona sconosciuta che abita su questo enorme pianta blu.
Non importa che si tratti del fare una corsetta piuttosto che una telefonata o una torta: alla prima avvisaglia di malumore bisogna immediatamente sforzarsi di creare qualcosa di buono, per noi stessi o per gli altri, così da riuscire a toccare con mano quel raro e prezioso compromesso tra desiderio e realtà.


A presto blog, a risentirci miei lettori.

Commenti

  1. Ci aspetta ancora un pochino d'estate da dedicare al divertimento e alla spensieratezza...sorridi sempre e non farti abbattere troppo da ciò che ti circonda! Trasformalo semmai,in "esperienza di vita" e fanne tesoro!!
    Con affetto
    una tua fan e lettrice.

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    1. Azzu ma che piacevole sorpresa trovarti qui!! Grazie mille sia per il commento che per il tuo sostegno che dura da ben dieci anni ormai :-)
      Ti voglio bene...e non preoccuparti, il sorriso è già tornando!!

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  2. Non devi ringraziarmi...Ti ho incoraggiato a fare quello che naturalmente sei nato per fare...scrivere...

    Davvero mi interessano le tue farraginose elucubrazioni mentali (e sono contento per questo anche di apparire come un folle squilibrato ai tuoi occhi)...Il tuo scrivere arricchisce chi legge, il tuo scrivere dona punti di riflessione, il tuo scrivere riesce a scavare nel mio IO più profondo, il tuo scrivere è un DONO...

    "Per tutti coloro che, come me, tendono ad essere dei gran perfezionisti (rectius "rompiballe"), la paura di restare delusi è sempre dietro l'angolo: la frustrazione, non di rado, accende pesanti ipoteche sui nostri capi troppo spesso rivolti al cielo."

    Ho ripreso questo passo perchè mi ci rispecchi appieno...grazie per avermi ricordato di essere un 'rompipalle' con la testa rivolta la cielo...

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    1. Mauro come sempre sei fin troppo gentile con me e mi riempi di complimenti! Sono contentissimo di aver scritto qualcosa che ti abbia toccato nel profondo. Io non penso di avere un dono speciale, ho solo la voglia di condividere le mie impressioni con il mondo: non posso tenerle tutte con me rischiando di dimenticarle :) Meglio affidarle ad Internet no?
      Un abbraccio e Grazie ancora :)

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