In nome del primo, del secondo e dello spirito goliardico

"Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume."
Così recita l'articolo 19 della nostra Costituzione. I Padri costituenti, durante l'elaborazione della legge fondamentale, hanno tuttavia dimenticato di aggiungere un comma dedicato all'unica eccezione perpetrata sul territorio nazionale, eccezione che non può che riguardare la Sicilia.
Storicamente, gli abitanti di questa fetta di Magna Grecia, hanno sempre posseduto un forte spirito di accoglienza: tutti possono godere delle bellezze di questa terra...tutti, tranne quei pochi stolti che credono di poter importare nella "mia" isola il culto per la dea DIETA.

Tutto ebbe inizio quando, una decida di giorni fa, mia madre entrò entusiasta in camera mia dicendo che da lì a poco sarebbero tornati in paese dei suoi cugini del nord che non vedeva da anni. Niente di straordinario penserete voi. Ed è proprio qui che vi sbagliate.
L'entusiasmo, dopo pochi attimi, è andato scemando, cedendo il posto ad un'espressione seria e composta che solo un figlio siculo sa come interpretare. Dopo interminabili secondi di gelido silenzio, la domanda, madre di tutte le domande: "Cosa cucino?".
In quel momento ho capito che non ci sarebbe stata la minima possibilità di sfuggire a picchi glicemici e calorie in eccesso che nemmeno ore ed ore di free climbing avrebbero potuto sconfiggere.
In sette giorni, si dice, che Dio creò l'Universo. In sette giorni, una sola donna, è riuscita a cucinare più specie animali di quante ne esistano su questo pianeta.
I pasti diventano un campo di battaglia, una lotta, in cui le tattiche e le strategie sono tutto...e se tu vieni dal profondo nord, mi dispiace: non hai nessuna speranza di farcela.
Un siciliano sa, innanzi tutto, che ci sono frasi che non devono MAI essere pronunciate: "Che buono", "Complimenti" o "Davvero squisito" sono espressioni che conducono all'inevitabile reazione dei commensali, i quali, compatti come opliti macedoni, chiedono a gran voce la prova di quanto affermato! "Se ti piace davvero, lo devi dimostrare: prendine ancora!". A nulla vale implorare pietà o invocare l'esistenza di quella che qui, in Trinacria, è considerata una figura mitologica al pari di unicorni e lupi mannari: il senso di sazietà non esiste, lo sanno anche i bambini.
E ancora, quella che per tutti è la dicotomia fondamentale "Pane o Pasta", qui è si trasforma in una coppia di vecchi amanti che mai deve essere separata. Nessuno si sognerebbe di mangiare la salsiccia o la fettina di carne di cavallo "senza pane".
Il contorno, da molti considerato come un veloce sostituto della cena, qui, ha natura divina: diventa uno e trino (perché solo due contorni, in Sicilia, sono segno di poco "rispetto").
E infine, quando l'ospite a stento riesce a battere le palpebre, a causa della quantità innaturale ed inumana di cibo che ha assunto, si ritrova sotto il naso una fetta di torta che non ha mai accettato di assaggiare ma, dalla quale, non ha scampo perché, in Sicilia, i dolci, "non si mangiano per fame" (espressione della cui logicità, tutt'oggi, dubito).
Ovviamente questa sacra funzione, ripetuta a pranzo ed a cena, non è soggetta a nessuna possibilità di scelta: tra le libertà civili, qui nel profondo sud, non figura l'autodeterminazione durante i pasti.
Il siciliano, se ti vuole davvero bene, deve farcirti fino a farti scoppiare...e quando confesserai lui che hai preso almeno un paio di Kg, allora lui tornerà soddisfatto alla propria routine, fatta di duro lavoro e di piccoli piaceri.

In fondo, come disse Virginia Woolf "Uno non può pensare bene, amare bene, dormire bene, se non ha mangiato bene".



A presto blog, a risentirci miei lettori.

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