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Resta quello che non c'è

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Quando il tuo tempo vale meno di quello altrui, quando i tuoi problemi e i tuoi dolori non hanno importanza, quando persino le tue gioie passano attraverso gli occhi di chi ti sta accanto senza lasciare alcuna traccia e nessuna memoria, resta solo quello che non c'è, un vuoto fatto di aria incomprimibile e pesante, grave e greve, forse invisibile, ma colma di un'indifferenza così umana e razionale da risultare innaturale.  E ci si volterà, una volta sola o forse due, per osservare ciò che è stato, per cercare fra le macerie qualche oggetto di valore, qualche tocco di colore, un pezzetto di passato da strappare alla polvere così da non perdere traccia di ciò che fu e gioirne, magari, ancora, quando un rallentamento della corsa consentirà di guardare fuori dal finestrino e scorgere quel paesaggio di ricordi traboccante di doni, di miseria, di risate e di errori.  Quando il dolore cederà il posto all'indifferenza anche quell'aria cesserà di essere materia e quel pulviscolo

Apprendo

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Si impara osservando, si apprende facendo: rumore e silenzio scandiscono il tempo. Aprendo la mente, strappando quei veli, ti affacci e li vedi quegli inutili sensi, quei finti tormenti, quelle misere gioie che il cuore rifugge. Cadi, ti volti, accogli il tormento, fai posto al dolore per l'unico amore che resta nel cuore: lo sguardo dell'altro, la mano di tutti gli amici rimasti, l'abbraccio furente  di chi resta e non mente. Immagine creata con AI

Consumisticamente

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I l saggista tedesco Siegfried Kracauer, già durante gli anni Venti del secolo scorso, si scagliò duramente contro la filosofia del divertimento propria della Belle Époque definendo la società di massa come un semplice ornamento, un orpello privo di scopo, come un’orda di individui guidati dalla cieca voglia di avere, di possedere, di collezionare standard di benessere utili a misurare sia la propria che l’altrui felicità così da redigere un bilancio da sbattere in faccia a chi era rimasto indietro, a chi aveva rallentato la marcia, a chi, semplicemente, era diverso perché concentrato su altro. La prova che Kracauer avesse ragione è facilmente dimostrabile guardando la società odierna e la sua folle corsa verso una meta costellata non di valori ma di voleri: oggetti, beni, cose, tutti elementi intimamente materiali, tangibili, aggredibili con i sensi, divorabili e consumabili per cercare di placare una fame neurologica che non ha inizio e non ha fine. Non c’è posto per la lentezza,

Treni a levitazione magnetica

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« Ogni volta che si subisce qualcosa in conseguenza di un’azione, il sé è modificato […]. Si costruiscono atteggiamenti e interessi che incarnano in loro stessi qualche residuo del significato di cose fatte e subite. Questi significati consolidati e conservati diventano parte del sé. Costituiscono il capitale con cui il sé osserva, si prende cura, fa attenzione e si propone » (Dewey, 2007).  La crescita fisica e lo sviluppo emotivo ed intellettuale di ogni essere umano non possono che avvenire sul campo, all’interno di un  background più o meno ampio in cui il soggetto si muove, compie azioni, si interfaccia con altre persone, con le cose, con un universo di elementi che a seconda del punto visuale assumono significati differenti veicolando lezioni e insegnamenti da declinare a nostro piacimento. L’apprendimento passa, così, attraverso la materia e lo spazio vuoto che la accoglie (contenendola), attraverso parole e silenzi, attraverso attività e omissioni, dando vita ad un process

Prometeo innamorato

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Ho sempre provato un forte senso di sgomento nel chiedere aiuto. Quando ci si mostra vulnerabili, indifesi e bisognosi di cure, di solito si finisce o con il dover ricucire frettolosamente le proprie ferite per bloccare lo sgorgare di quel sangue che scuote l'animo del nostro povero interlocutore, oppure con il trasformarsi nel povero Vladimiro di turno che attende invano sul palco, pur sapendo che nessun Godot verrà mai a salvarlo. La realtà nella quale viviamo e della quale facciamo inesorabilmente parte, fa riecheggiare nell'aere la solita vecchia nenia: "bisogna salvarsi da soli perché ad ogni isola che si rispetti deve interessare soltanto essere ed avere". Chi sta affondando merita di affondare, di sparire, di fare posto al nuovo arrivato che velocemente ergerà mura, castelli e cittadelle, provando a sfiorare il cielo, provando a raggiungere vette che hanno il sapore del paradiso. All'inferno resta chi non riesce a salire su questo treno in corsa che è il no

Valore

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Oggi solo chi crea valore ha valore.  Chi trasforma il lavoro in denaro è acclamato come un dio, trattato con rispetto, misurato e stimato come bene, come ente fruttifero, e dopo, forse, come persona. I moti convettivi compiuti dai soldi tengono in vita questo pianeta, distribuendo in maniera iniquamente umana risorse e beni, individui e carriere, costruendo e demolendo aspettative e ideali la cui effimera esistenza è destinata a perdersi in quel cangiante caos artificiale creato da patriarchi senza passato e senza futuro. Le regole del vivere comune giungono allo stomaco senza passare dalla bocca, evitando così al palato la spiacevole sensazione di assaporare certe amare consapevolezze che mai accoglierebbe in quel sacro uscio stracolmo di doni, di onori, di ori. La razionalità è divenuta mera astrazione, la realtà nient’altro che un anagramma digitale che a forza di essere osservato si è trasformato in un universo fisico, intelligibile e fin troppo sensibile, al quale tributa

Acini

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Questo blog ha perso le parole, letteralmente. “ Less is more ”. Lo si sente dire spesso al giorno d'oggi, ma sapete da dovere deriva questa espressione? È stata coniata dall’architetto tedesco Ludwig Mies van der Rohe , un artista che ha sposato una filosofia progettuale che attribuiva al concetto di essenzialità un ruolo chiave nella realizzazione di una qualunque opera di design. Il “meno”, la sottrazione in luogo del troppo e dell’opulenza, è un principio meno banale di quel che potrebbe sembrare, un'idea che, se applicata alla vita di tutti i giorni, spoglia da problemi, interrogativi e persino da compagnie che, a ben vedere, sono nient’altro che inutili orpelli che rallentano il nostro incedere, appesantendo un bagaglio che è già fin troppo grave di suo. Questa cattività che dura da più di un anno, vissuta da me così come da tanti altri in tendenziale solitudine, mi ha fatto perdere molte cose: la voglia raccontarmi, l’interesse nel prendermi cura del mio corpo, il deside